La Torre di Babele è esistita davvero? Oppure è l’ennesima leggenda che si inserisce nel ricco patrimonio culturale giunto fino a noi da tempi remoti? Per rispondere a queste (e a molte altre) domande, ho deciso di scrivere un articolo a tema Curiosità che ti immergerà in una suggestiva esperienza storico-culturale.
Piccolo spoiler? Sì, la Torre di Babele è esistita davvero, ma non nella versione narrata dalla Bibbia, bensì in quella raccontata dallo storico di origini elleniche Erodoto, nel V secolo avanti Cristo.
Ho già raccontato fin troppo!
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La storia della Torre di Babele tra mito e realtà
Il nome originale della Torre di Babele era Etemenanki. La sua costruzione fu un’impresa senza precedenti tant’è che Alessandro Magno – entrato in Babilonia con l’intento di radere al suolo la città conquistata – ne rimase folgorato e promise di ricostruirla. Tuttavia, non fece in tempo a mantenere la parola data poiché morì proprio a Babilonia, a soli 33 anni.
L’impianto architettonico svettava per oltre 90 metri d’altezza – il corrispettivo di un grattacielo di venticinque piani – ed era corredato da sette diverse terrazze pensili da cui ammirare la città sottostante. La cima della Torre di Babele era, inoltre, occupata dal tempio sacro del dio Marduk. La location era segreta e avvolta da un velo di mistero, giacché vi si celebrava il rito nuziale tra il re e una donna del popolo scelta dal sovrano, incarnazione del divino.
Difficile dire cosa accadesse tra le nuvole, ma al suo ritorno la fortunata era sicura di aver fatto l’amore con la rappresentazione terrena del dio mediorientale. Non a caso, la costruzione descritta da Erodoto era considerata la più grande e imponente di tutti gli Ziqqurat, le torri mesopotamiche di cui avrai sicuramente sentito parlare nei libri di storia.
La Torre di Babele nelle pagine della Bibbia
La versione alternativa del mito della Torre di Babele – e forse anche la più conosciuta – è quella trascritta nelle pagine della Bibbia.
Il testo sacro narra quanto segue:
“Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Poi gli uomini dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una sola lingua; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro possibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro.”
In mancanza di coesione, gli uomini dovettero capitolare. Si crede che i malcapitati appartenessero alla regione di Sennaar – o Scinea, una città della Mesopotamia vicina a Babilonia. Desiderosi di raggiungere il dio in grandezza e in potenza, peccarono di superbia e di tracotanza.
Prima di lasciarti alle interpretazioni della leggenda, una piccola curiosità: la scelta del nome Torre di Babele deriva probabilmente dalla radice del nome Babele, in ebraico “balal” – letteralmente confondere, creare scompiglio. La scelta lessicale avrebbe dunque un significato puramente simbolico, non geografico. Niente a che vedere con la Torre di Babele eretta a Babilonia, dunque.
Le interpretazioni moderne della Torre di Babele
Secondo gli storici, i resti della Torre di Babele ammirata da Alessandro Magno restarono sepolti per oltre due millenni, soggetti allo scorrere del tempo e all’erosione dei venti e delle piogge battenti. E così, la versione biblica si sostituì temporaneamente al talento architettonico dei popoli mesopotamici; la torre divenne il simbolo della punizione divina, non la testimonianza tangibile della gloria mediorientale.
Quando gli archeologi rinvennero la base della Torre di Babele – un quadrato di 91 x 91 metri, – riconobbero la verosimiglianza delle parole di Erodoto. La struttura era infatti collocata al centro di un’area di oltre 500 metri, spazio necessario affinché la costruzione potesse ergersi in perfetto equilibrio, svettando verso il cielo. Oggi non rimangono che pochi mattoni sparsi nei pressi del complesso museale, ma il mito babilonese continua a incuriosire grandi e piccini.
Dopotutto, non è forse questo il senso ultimo della leggenda- cioè fare in modo che le imprese dei nostri predecessori continuino a tramandarsi di generazione in generazione, in un ciclo eterno?
Conclusioni
Mio caro lettore, il mito della Torre di Babele è il pretesto per riflettere sui nostri limiti e sui nostri punti di forza. Proprio come gli uomini della Bibbia hanno tentato di tradire la propria natura mortale fallendo nell’impresa, così anche noi, nel nostro piccolo, siamo liberi di perseguire obiettivi di vita raggiungibili – ovvero coerenti a ciò che siamo, alle nostre attitudini e alle nostre emozioni.
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